Home ScienzeBiologia Marina Spinarolo (Squalus acanthias) di Martina Di Vincenzo

Spinarolo (Squalus acanthias) di Martina Di Vincenzo

da D. De Stefano
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Questa specie è diffusa nelle zone costiere dei mari temperati (normalmente con temperature pari e inferiori a 15°C) di tutto il mondo. Vive sui fondali di solito non oltre i 200 metri ma scende eccezionalmente fino a 1500 metri. È uno squalo dal corpo molto affusolato, ma con un profilo ventrale pronunciato. Gli occhi sono ben sviluppati. La bocca è larga e i denti delle due mascelle sono piuttosto simili. Lento nuotatore, deve il suo nome alle due pinne dorsalispinate, che vengono usate a scopo difensivo per infliggere dolorose ferite. 

La pinna caudale è caratterizzata da una chiglia laterale e da una fossetta dorsale. La colorazione è grigiastra con macchie bianche su fianchi. Le dimensioni medie oscillano tra un metro ed un massimo di un metro e sessanta, con un peso (per gli esemplari adulti) che va oltre ai 9 kg. Si muove spesso in branchi composti da esemplari di un solo sesso ma anche in gruppi suddivisi per grandezza o età. Lo Spinarolo è ovoviviparo: la femmina partorisce piccoli già formati dopo una gestazione molto lunga di circa 2 anni. Lo Spinarolo si nutre prevalentemente di pesci come merluzzi e aringhe, nonché di invertebrati come krill, calamari e molluschi. Questa specie viene pescata con diverse tecniche. Costituisce soprattutto bycatch di strascico di fondo e pelagico. In passato costituiva specie bersaglio di pesca artigianale con barracuda e palangari, e della pesca sportiva. Un elevato numero di individui sessualmente immaturi viene legalmente pescato e sbarcato. Per esempio, al mercato ittico di Chioggia (Adriatico settentrionale, dove una delle maggiori flotte pescherecce italiana opera) è stato stimato che circa il 25% dei maschi e fra il 50 e il 75% delle femmine (considerando rispettivamente la taglia minima di maturità sessuale o LT50) vengano sbarcati prima del raggiungimento della maturità sessuale. In passato la specie era molto abbondante e presente in tutti i mari italiani. Campagne di ricerca scientifica in Adriatico hanno evidenziato un declino nelle catture dal 1963 al 2005 (Ferretti et al.2013) e dati di sbarcato, corretti per capacità di pesca, della flotta peschereccia di Chioggia (Adriatico settentrionale) hanno evidenziato un trend stabile dal 1997 al 2011, ma anche marcate fluttuazioni (Clodia database 2012). Si sospetta che, nell’arco delle ultime 3 generazioni, ci sia stato un declino della popolazione maggiore dell’80%. Pertanto la specie è valutata In Pericolo Critico (CR).

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