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Il Grande Squalo Bianco. A cura di Martina Di Vincenzo

da D. De Stefano
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Ciao a tutti! Riprendiamo il nostro viaggio alla scoperta degli squali del Mediterraneo occupandoci oggi del terrore di tutti i mari, ovvero del Grande Squalo Bianco. Sì signori, sappiate che i rappresentati di questa specie sono degli abitudinari delle nostre acque, e che, soprattutto nel Sud Italia, la loro presenza è costante e provata!

È stato Carlo Linneoa dare allo squalo bianco il primo nome scientifico, Squalus carcharias, nel 1758. Sir Andrew Smithgli ha dato quello generico di Carcharodonnel 1833, e nel 1873 il nome generico è stato accorpato a quello scientifico dato da Linneo, diventando così quello attuale di Carcharodon carcharias. Carcharodonviene dal termine greco anticokarcharód?n(composto di kárcharos, che significa “aguzzo”, con quello di , odóntos, che significa “dente”). 
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Dato che karcharías, significa “pescecane”, il significato finale è “pescecane dai denti aguzzi”. Il grande squalo bianco sembra essere apparso sul pianeta durante il Miocenementre il più antico fossileconosciuto è stato datato come risalente a 16 milioni di anni fa. Secondo alcuni biologi, lo squalo bianco potrebbe discendere da un gigantesco squalopreistorico, il Carcharodon megalodon, perché la somiglianza dei denti e le dimensioni molto elevate hanno spinto molti studiosi a ritenere che essi fossero strettamente legati dal punto di vista evolutivo. Il Megalodonè stato dunque inserito nel genere Carcharodon, ovvero nello stesso genere a cui appartiene anche lo squalo bianco. Tuttavia, altri biologi ritengono che, nonostante l’indiscussa appartenenza di entrambi all’ordinedei Lamniformi, lo squalo bianco in realtà sia più imparentato con il progenitore del Mako, l’Isurus hastalis, e assegna il Megalodonal genere Carcharocles.
È una specie sempre massiccia, seppure di corporatura variabile. Muso di forma conica, un po’ bombato nella parte inferiore. Ha occhi scuri e rotondi, è privo di membrana nittitantee ha cinque fessure branchiali, le quali possono pompare acqua soltanto se lo squalo è in movimento. La prima pinna dorsaleè grande e falciforme e inizia a livello dell’estremità posteriore di quelle pettoralianch’esse falciformi. La seconda pinna dorsale comincia a livello della pinna anale, ed entrambe sono di piccole dimensioni. Tutte le pinne sono senza spina dorsale. La pinna caudaleè grande e a forma di mezzaluna simmetrica, anche se in realtà la parte superiore è leggermente più lunga di quella inferiore. Il peduncolo caudaleè depresso in senso dorso-ventrale, in modo da formare due ampie carene sui lati. Il colore è bianco nella parte inferiore del corpo, mentre ha tonalità variabili dal grigio al blu, talvolta ardesia, nella parte superiore. La linea di separazione tra le due colorazioni è netta e frastagliata, e proprio grazie a questa doppia colorazione la visibilità dello squalo bianco viene ridotta, perché si presenta scuro se visto dall’alto e chiaro se visto in controluce.
La pelle dello squalo bianco (come quella degli altri squali) non è ricoperta di vere e proprie scaglie, ma di dentelli dermiciappuntiti, che misurano da qualche decimo di millimetro a 1 cm, costituiti da una dentina ricoperta di smalto; hanno come funzione principale quella di far scorrere in modo altamente idrodinamico l’acqua lungo il corpo dello squalo, e inoltre lo proteggono dai parassiti. Possiede quella che probabilmente è la più potente mascella tra gli animali viventi (a parte forse quella dell’Orca), dotata di varie file di denti triangolari e seghettati, sia sulla parte superiore che inferiore. Grazie alla rete mirabileche gli permette di sfruttare al meglio il calore generato dai potenti muscoli e dal metabolismo, riesce a raggiungere una leggera endotermia, cosa che permette al suo organismo di essere particolarmente reattivo e prestante durante la caccia. A livello uditivolo squalo bianco percepisce le vibrazioni sonore a grande distanza e il suo olfattoè molto acuto. Inoltre, come gli altri squali, può percepire dei debolissimi campi elettricie bio-elettrici generati dall’attività motoria delle sue potenziali prede. Deve questa capacità a particolari organi sensoriali posti sull’estremità del muso chiamate “ampolle di Lorenzini“. Grazie ad esse lo squalo riesce a percepire il campo elettrico di una preda a partire da mezzo miliardesimo di volt. Inoltre, in comune con gli altri pesci e con la maggior parte degli anfibi, possiede la linea laterale, un organo composto da una serie di ricettori disposti lungo i fianchi dell’animale, sensibili alle vibrazioni a bassa frequenza e alle onde di pressione generate dal moto di corpi solidi nell’acqua. Le ampolle di Lorenzini e la linea laterale permettono allo squalo bianco di percepire la posizione, la grandezza e i movimenti di una preda, anche senza l’ausilio della vista, cosa utilissima in acque torbide, poco illuminate, o nella fase finale dell’attacco, quando lo squalo ha già ruotato gli occhi all’indietro per proteggerli da eventuali graffi causati dalla preda che si difende. Si è infatti ritenuto, per molto tempo, che la vista giocasse un ruolo secondario nella predazione, ma si è capito recentemente che gli squali bianchi hanno una vista molto acuta, su cui fanno grande affidamento. La perdita parziale o totale della capacità visiva può compromettere le possibilità di sopravvivenza dell’animale: infatti nel momento del morso esso protegge i suoi occhi ruotandoli all’indietro fino a farli sparire dalle cavità oculari, a differenza di altre specie di squali che sono invece provviste di una protezione naturale chiamata membrana nittitante, che si alza come se fosse una palpebra, ma dal basso verso l’alto, con lo scopo di coprirne l’occhio, proprio per evitare qualsiasi lesione. Recenti studi hanno mostrato che di notte tende ad avvicinarsi alle coste molto illuminate per sfruttarne la luce riflessa.
Il grande squalo bianco è uno tra i pochi squali che sollevano regolarmente la testa sopra la superficie del mare per guardare gli altri oggetti: questo comportamento è tipico dei cetaceima raro nei pesci, ed è noto come spyhopping. Una possibile spiegazione di questa anomalia può essere dovuta al fatto che l’odore viaggia attraverso l’aria più velocemente che attraverso l’acqua, perciò, quella che apparentemente potrebbe essere scambiata per una forma di curiosità, sarebbe invece soltanto un modo di ottimizzare il pur già potente olfattodello squalo.
Usualmente le dimensioni medie oscillano tra i 4 e i 6 metri, con un peso (per gli esemplari adulti) compreso tra i 1000 e i 1900 kg. Le dimensioni massime sono controverse, anche se può probabilmente arrivare a oltre 7 metri di lunghezza.
Gli squali bianchi sono animali prevalentemente solitari, tuttavia capita che in certi periodi di caccia vi siano assembramenti di molti esemplari in aree ristrette. Dato che queste situazioni possono generare conflitti, gli squali bianchi hanno elaborato una modalità di comunicazione che avviene tramite movimenti del corpo aventi lo scopo di creare una gerarchia che risolva i conflitti in modo non violento. Si è allora scoperto che quando uno squalo bianco vuole prevalere nei confronti di un suo simile, esso compie particolari movimenti che segnalano intenzioni aggressive: inarca la schiena, mostra i denti, apre e chiude le fauci con rapidi scatti, sbatte violentemente la coda sulla superficie e mostra le sue dimensioni girando attorno al rivale. Spesso l’interazione si risolve con la sottomissione di uno dei due animali ma talvolta possono esservi scontri violenti, anche mortali. Osservazioni sugli squali bianchi in Sudafrica mostrano che la gerarchia si basa sulle dimensioni, sul sesso e sulla stanzialità degli esemplari: le femmine dominano i maschi, gli squali più grandi dominano quelli più piccoli, gli stanziali dominano i nuovi arrivati. I gruppi che si vengono a formare possono essere paragonati a dei “clan” simili a quelli dei gruppi di lupidove vi è uno squalo dominante su altri squali del gruppo, e dove gli scontri avvengono tra capi e membri di clan rivali.
Questo squalo può vivere dai 30 ai 40 anni. La maturità sessuale è raggiunta a 3,8 metri di lunghezza nei maschi e tra 4,5 e 5 metri nelle femmine. La specie è ovoviviparae, al contrario di quanto sostengono alcune pubblicazioni, questa specie non mostra il cannibalismo intrauterino, ma piuttosto si nutre di uova non fecondate. Il parto avviene tra primavera ed estate, e la gestazione dura probabilmente all’incirca un anno. I piccoli alla nascita hanno taglia compresa tra 1,2 e 1,5 metri e hanno i denti dotati di minute cuspidi laterali, con quelli inferiori talora ancora con i bordi lisci anziché seghettati. Il numero massimo di piccoli per figliata si suppone sia tra 10 e 14.
Sostanzialmente cosmopolita è diffuso particolarmente in acque fredde o temperate tra gli 11 e 24°C, sulla costa o al largo. È particolarmente presente al largo delle coste meridionali dell’Australia, del Sudafrica, della California, del Messico, del nord-est degli Stati Uniti e nell’isola messicana di Guadalupe, in Nuova zelanda. È tuttavia possibile trovarlo anche in acque più calde, come ai Caraibi. Vi sono aree diventate particolarmente interessanti per l’elevato numero di esemplari presenti, come Seal Island in Sudafrica, dove vi è una colonia di decine di migliaia di otarie che attirano numerosi grandi esemplari di squali bianchi e, di riflesso, numerosi turisti che vengono ad ammirarne le predazioni. In un’area del Pacifico tra Bassa California e Hawaii vi è il cosiddetto White Shark Cafè, ricco di squali bianchi per ragioni tuttora poco chiare.
Presente anche nel Mar Mediterraneo dove vi è una zona di riproduzione nell’area che comprende Sicilia, Malta e Tunisia. Uno studio del 2010 effettuato sul patrimonio genetico di squali bianchi presenti in Turchia, Tunisia e Sicilia e pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Societyha ipotizzato che gli squali bianchi del mediterraneo siano arrivati dall’Australia 450.000 anni fa attraverso lo Stretto di Gibilterra a causa di un errore nel seguire le correnti marine e che non siano più riusciti ad uscirne. A dimostrarlo sarebbe il loro patrimonio genetico, molto più simile a quello degli squali bianchi australiani rispetto a quello degli squali bianchi atlantici. Lo stesso studio, inoltre, sostiene che poiché gli squali atlantici entrano nel mediterraneo assai raramente, gli squali bianchi del mediterraneo siano isolati geneticamente, fatto che li svantaggia dal punto di vista dell’adattamento evolutivo.
È uno squalo pelagico, ma si avvicina alle coste particolarmente nelle zone dove la piattaforma continentale è molto vicina ad esse o nelle aree particolarmente ricche di potenziali prede (come, ad esempio, colonie di otarie, foche o pinguini). Non tollera le acque dolci ma può frequentare aree vicino ad estuari e penetrare all’interno di baie saline poco interessate a fenomeni di bassa marea, nonché in aree dove sono presenti scarichi fognari, dato che i residui organici attirano l’attenzione dei sensi dello squalo. Tende a restare ad una profondità che va dalla superficie ai 250 metri, anche se può scendere molto oltre, fino a 1.200 metri e compie numerose tratte trans-oceaniche, per esempio dal Sudafrica all’Australasia, o dalla California alle Hawaii . È assente nelle regioni fredde dell’Artico, dell’Antartico, del Mar Nero e nel Mar Baltico. Tende ad evitare le zone nelle quali la presenza umana si manifesta con pesca eccessiva e inquinamento delle acque, tuttavia sembra che persista in alcune aree densamente abitate come lo Stretto di Messina o le spiacce californiane e australiane. Di tanto in tanto, questa specie può raggiungere anche il Mare di Okhotsk e la Terra del Fuoco, ma solo raramente.
Nel Red Data Book dell’IUCN è sotto la categoria delle specie Vulnerabili.
Per terminare, vi riporto alcuni attacchi avvenuti in acque italiane ad opera di squali bianchi.
-Luglio 1926, Varazze (Mar Ligure), attacco mortale ad un bagnante a circa 200 m da riva. (squalo bianco di circa sei metri)
Settembre 1956, Circeo (Mar Tirreno), attacco ad un subacqueo a circa 2.5 km di distanza dalla spiaggia. (squalo bianco di circa quattro metri)
Agosto 1962, Circeo (Mar Tirreno), attacco ad un subacqueo.
(squalo bianco)
Settembre 1962, Circeo (Mar Tirreno), attacco mortale ad un subacqueo con numerosi pesci appesi sulla cintura. (squalo bianco)
Luglio 1963, Riccione (Mare Adriatico), attacco ad un subacqueo durante attività di pesca sub. (squalo bianco di circa quattro metri)
Settembre 1978, Capo d’Anzio (Mar Tirreno), attacco ad un subacqueo.
(squalo bianco di circa cinque metri)
Giugno 1983, Riomaggiore (Mar Ligure), tentativo di attacco ad un subacqueo.
(squalo bianco di circa tre metri)
Luglio 1986, Punta Secca (Sicilia), attacco ad una bagnante a circa 300 m dalla riva. (squalo bianco di circa tre metri)
Febbraio 1989, Golfo di Baratti (Mar Tirreno), attacco mortale ad un subacqueo.
(squalo bianco di circa sei metri)
Giugno 1989, Marina di Carrara (Mar Tirreno), attacco ad un surfista disteso sulla tavola. (squalo di circa tre metri)
Luglio 1991, Portofino (Mar Ligure), attacco al kayak di una bagnante a circa 20 m dalla riva. (squalo bianco di circa tre metri)

Ricordate che gli squali attaccano per “assaggiare”, ovvero per vedere se hanno trovato qualcosa di commestibile, ma la carne umana non è tra le sue preferite.

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