Home Scienze Un mare di Microplastiche: Cosa sono le Microplastiche e come si classificano?

Un mare di Microplastiche: Cosa sono le Microplastiche e come si classificano?

da D. De Stefano
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Ogni anno  8 milioni di tonnellate di plastica finisce negli oceani. Le Microplastiche sono il risultato della disgregazione delle plastiche più’ grandi .

Il termine Microplastica fu introdotto per la prima volta del biologo marino Richard Thompson nel 2004 e sta ad indicare “pezzi di plastica inferiori ai 5 millimetri”.

I materiali  plastici vengono scomposti dai diversi fattori ambientali quali: vento, onde del mare, morsi di animali, raggi solari. Questi processi di scomposizione possono durare anche migliaia di anni.

Quali sono le principali fonti della Microplastica?

Il processo di degrado può’ derivare da numerose fonti :

  • pneumatici stradali,
  • granulati di gomma e tappeti erbosi artificiali,
  • lavanderia di tessuti sintetici(poliestere, polipropilene, nylon, acetato), vernici e materiali da costruzione,
  • calzature,
  • prodotti per la cura della persona (dentifrici, creme per il viso, trucchi, mascara, rossetti, fondotinta),

Come si classificano le Microplastiche?

La microplastica può’ essere suddivisa in microplastica primaria e secondaria.

Le microplastiche primarie sono costituite da microsfere ,queste sono di origine artificiale e sono utilizzate nelle varie creme per il viso e prodotti cosmetici in generale.

Le microplastiche secondarie derivano dai processi di degrado della macroplastica  . I grandi pezzi di plastica come bottiglie, bicchieri di plastica, attrezzature da pesca ecc. vengono scomposti dagli agenti atmosferici e altri stress fisici e quindi si trasformano in microplastiche.

Cos’è la nanoplastica?

Come accennato le microplastiche sono pezzi di plastica inferiori ai 5 mm. Quando raggiungono dimensioni da 1 ai 100 nanomentri si definiscono nanoplastiche (per avere un’idea comparativa , si consideri che le particelle di coronavirus misurano 125 nanometri).

Cos’è la Mesoplastica?

Per mesoplastica s’intende un frammento di plastica dalle dimensioni comprese fra i 5mm e i 10mm.

Quali sono i principali rischi collegati alla presenza di microplastica negli ambienti marini?

Quando questi piccoli frammenti di plastica raggiungono il mare , vengono ingeriti da alcuni animali marini come tartarughe, pesci e uccelli marini.

Secondo una ricerca condotta da “AdriCleanFish”, circa il 20 % degli animali marini hanno ingerito plastica, gli animali analizzati facevano parte di un raccolto destinato al marcato del pesce.

In oltre, le  microplastiche sono veicolo di sostanze inquinanti, si calcola infatti che una particella di microplastica , possa contenere un quantitativo di sostanze inquinanti pari ad un milione di volte in più rispetto ad un organismo di origine naturale delle stesse dimensioni.

Quali sono i rischi per l’uomo?

Va comunque sottolineato che la maggior parte delle microplastiche viene conservato dal pesce nell’apparato digerente, e solitamente eliminato dall’uomo prima di essere mangiato.

Secondo uno studio condotto dal “Analysis of microplastics of a broad size range in commercially important mussels by combining FTIR and Raman spectroscopy approaches”, pubblicato su Environmental Pollution da un team di ricercatori dell’Universität Bayreuth , un grammo di carne di cozze contiene dai 0,13 ai 2,45 particelle di microplastiche .

In questo caso la microplastica puo’ trasferisi dall’animali all’uomo, in quanto il mollusco viene ingerito per intero senza essere prima eviscerato.

Le microplastiche sono un serio problema per l’ambiente proprio perché a causa delle ridotte dimensioni sono difficili da trattenere  e una volta raggiunto l’ambiente possono arrivare ad insediare qualunque anfratto.

La scienza monitora il fenomeno ma ad oggi non esiste ancora un verdetto definitivo che stabilisca il rischio per la salute dell’uomo. Tuttavia sono state ritrovate tracce di microplastica in alcuni campioni di feci umane e lungo le pareti di alcune placente.

Bisogna monitorare il fenomeno attentamente prima di trovare una soluzione definitiva al problema.

Intanto già se si evitasse di produrre plastica monouso sarebbe un significativo passo in avanti.

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A cura di Davide De Stefano

 

 

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