Un bel giorno, nei pressi del porto di Napoli, arrivò, fra lo stupore di tutti i pesci, una spigola francese. Subito il carattere tipicamente simpatico e salace dei pesci napoletani ebbe a manifestarsi:
“Arò vene chesta…”, chieee sarcasticamente l’orata;
“Ma che se penza, ca stammo ancora mmano a Giacchino Murat?”, osservarono ironicamente e quasi all’unisono sia il pintarré che il guarracino;
“No, a Masaniello…”, provò a rispondere, con fare sardonico, il sarago;
“Me pare ca so turnate e tiempe e Ninì Tirabusciò.”, rincarò la dose una murena, uscita dalla tana, perché incuriosita dai rumori.
Un tonno di passaggio, che sapeva parlare il francese, lui che percorre in lungo e in largo tutto il Mediterraneo, dialogò con la spaurita spigola che, evidentemente, si era smarrita. Poi riferì agli altri:
“No, niente, ha sentuto ‘a canzone “E spingole francese” ‘a ‘ncoppa ‘a ‘na nave, e s’è distratta… Tutto ccà.”
Morale. Le canzoni classiche napoletane sono così belle che, quando le ascoltiamo, ci fanno dimenticare i dolori della vita.
Da notare che i pesci, da buon napoletani, non scacciarono l’intrusa.