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I Segreti di navi borboniche riemergono nel porto di Napoli

da D. De Stefano
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a cura di Anna Cozzolino

La mattina del 23 dicembre 1798, Ferdinando IV di Borbone prese il largo con la moglie Carolina, scappando da Napoli infiammata da ideali giacobini e pronta alla rivoluzione. A questa fuga è legata anche la sorte della Flora, nave corvetta varata nei cantieri di Castellammare di Stabia, lunga più di 110 metri, con 24 cannoni e 170 unità di equipaggio. Fu colpita e affondata l’8 gennaio 1799 per sfuggire alla cattura francese. Da allora non si seppe più nulla. Ma il mare non dimentica, custodisce e conserva. E, di tanto in tanto, restituisce. Come avvenuto lo scorso 8 dicembre, 217 anni dopo la distruzione della Flora.


Da una profondità di 15 metri, nei fondali del porto all’altezza del molo Immacolatella vecchia, emerge un oggetto di bronzo. È una campana di bordo, avvinghiata da molluschi e sabbie, ma, nel complesso, in buono stato. Che sia quella un tempo affissa all’albero della corvetta del re? L’archeologo Enrico Stanco, tra i coordinatori delle ricerche ne è convinto: «Analizzando sei carte ottocentesche spiega – tutte localizzano l’affondamento a queste coordinate, né vi sono altri relitti simili nei dintorni».

Alla campana si aggiungono anche diverse palle di cannone e ciò che rimane di un lungo scafo in legno. Il loro ritrovamento non è casuale. Le esplorazioni sottomarine dello specchio d’acqua tra l’imbarco San Vincenzo ed il Molo angioino rientrano infatti in un’indagine ad hoc, costata 1 milione e 200mila euro, con finanziamenti del Grande progetto Porto di Napoli che, con un budget di 150 milioni di euro punta a un restyling e rilancio completo dell’area. I rilievi subacquei, con la supervisione della soprintendenza archeologica, sono iniziati lo scorso luglio e si concluderanno a fine dicembre.

L’obiettivo è recuperare quanti più manufatti e lavorare per creare uno spazio dedicato alla memoria del mare. Un passato che omaggi la marineria partenopea e gli anni dell’emigrazione: due aspetti fondamentali della città, che ancora non hanno un proprio museo o centro di divulgazione. 
Speriamo in futuro di poter ottimizzare ed esporre in una mostra le meraviglie dei nostri fondali, che raccontano una fetta di storia fondamentale della nostra città.

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