Home Eventi e Cultura Alla scoperta della Carta Bambagina di Amalfi

Alla scoperta della Carta Bambagina di Amalfi

da Ferdinando Cozzolino
0 commento
amalfi carta bambagina

Oggi quando si dice costiera amalfitana si pensa al mare cristallino, ai panorami mozzafiato ed ai pendii terrazzati di limoni. È difficile immaginare che alle spalle di questo scenario paradisiaco ci sia stato uno dei primi e più importanti poli di produzione della Carta Bambagina di Amalfi. Ma è proprio così.

[Ferdinando Cozzolino]©[2025]

La storia

Dopo la sua invenzione in Cina nel I secolo a.C., la diffusione della carta si spostò prima in Corea e poi in Giappone. Gli arabi, invece, ne entrarono in possesso solo dopo la vittoria della battaglia di Samarcanda, nell’VIII secolo d.C., che portò alla sua diffusione nel Mediterraneo. Qui entra in scena la repubblica di Amalfi, che, con i suoi mercanti, porta questa innovazione tecnologica tra i suoi fondaci (sorta di piccole comunità mercantili in territorio straniero). Ad Amalfi, la produzione vera e propria inizia tra il XII ed il XIII secolo d.C.

[Ferdinando Cozzolino]©[2025]

La tecnica della Carta Bambagina di Amalfi

La splendida Valle dei Mulini (più conosciuta come Valle delle Ferriere) si dimostra indispensabile. L’acqua del fiume Canneto alimenta le prime macchine e lava la materia prima, i cenci.

La carta bambagina, che deve probabilmente il suo nome alla parola greca βάμβαξ • (bámbax) «cotone», si produce infatti usando proprio i tessuti ed il vestiario dismesso. Questi vengono bagnati e trasformati in poltiglia da enormi martelli di legno con punte chiodate.


[Ferdinando Cozzolino]©[2025]

I lavoratori spostano la poltiglia in una grande vasca maiolicata dove è aggiunta colla animale. Qui, dopo il lavaggio e la miscelazione, gli operai immergono un setaccio in filigrana di bronzo e ottone, con cui raccogliere la pasta di fibre.


[Ferdinando Cozzolino]©[2025]

La filigrana, pressata su un feltro di lana, deposita il foglio, che sarà impilato insieme ad altri sotto il torchio.


[Ferdinando Cozzolino]©[2025]

Il principale passaggio successivo è l’asciugatura, che si svolge negli “spanditoi”, ombreggiati ed ampi locali e sottotetti. Il tutto termina nell’ “allisciaturo” dove si divide la carta di maggior qualità da quella di seconda scelta, che si liscia con la mano e termina il ciclo nella macchina piegatrice.

Ascesa, declino e trasformazione

Nel 1231 Federico II¹ vietò l’utilizzo della carta bambagina negli atti pubblici, ritenendola meno duratura della pergamena. Probabilmente questo fu dovuto al trattamento con colla di cereali, meno duraturo di quello futuro effettuato con la colla di coniglio² . Nonostante il mancato supporto dello Stupor mundi, la carta bambagina incontrò un crescente successo commerciale, dovuto proprio alla sua qualità, al facile accesso alle materie prime ed alla domanda sempre crescente. L’obbligo di trascrizione degli atti religiosi, avvenuto all’incirca nel XV secolo d.C., ebbe sicuramente un ruolo nell’incremento degli acquirenti. Al suo apice il successo degli opifici cartai portò, secondo fonti diverse, ad un massimo di 18 o addirittura 38³ punti produttivi.

[Ferdinando Cozzolino]©[2025]

Nonostante le politiche protezionistiche borboniche , ed i tentativi di restare al passo con la I e II rivoluzione industriale, il complesso delle cartiere amalfitane si è incredibilmente ridotto. Ad oggi è attivo il solo sito produttivo Amatruda, che fornisce carta di pregio, tra gli altri, per documenti parlamentari e vaticani. La Cartiera Milano invece, a seguito dell’alluvione del 1954, si è convertita nella fondazione-Museo della Carta. Svolge così il prezioso ruolo di testimone storico e divulgativo degli sforzi produttivi e del millenario e internazionale viaggio che li ha preceduti.

Leggi anche

Lascia un Commento

Questo sito web utilizza i cookie per migliorare la tua esperienza. Continuando la navigazione intenderemo che tu sia d'accordo, ma puoi annullare l'iscrizione se lo desideri. Accetta