Oggi quando si dice costiera amalfitana si pensa al mare cristallino, ai panorami mozzafiato ed ai pendii terrazzati di limoni. È difficile immaginare che alle spalle di questo scenario paradisiaco ci sia stato uno dei primi e più importanti poli di produzione della Carta Bambagina di Amalfi. Ma è proprio così.

[Ferdinando Cozzolino]©[2025]
La storia
Dopo la sua invenzione in Cina nel I secolo a.C., la diffusione della carta si spostò prima in Corea e poi in Giappone. Gli arabi, invece, ne entrarono in possesso solo dopo la vittoria della battaglia di Samarcanda, nell’VIII secolo d.C., che portò alla sua diffusione nel Mediterraneo. Qui entra in scena la repubblica di Amalfi, che, con i suoi mercanti, porta questa innovazione tecnologica tra i suoi fondaci (sorta di piccole comunità mercantili in territorio straniero). Ad Amalfi, la produzione vera e propria inizia tra il XII ed il XIII secolo d.C.

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La tecnica della Carta Bambagina di Amalfi
La splendida Valle dei Mulini (più conosciuta come Valle delle Ferriere) si dimostra indispensabile. L’acqua del fiume Canneto alimenta le prime macchine e lava la materia prima, i cenci.
La carta bambagina, che deve probabilmente il suo nome alla parola greca βάμβαξ • (bámbax) «cotone», si produce infatti usando proprio i tessuti ed il vestiario dismesso. Questi vengono bagnati e trasformati in poltiglia da enormi martelli di legno con punte chiodate.

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Ascesa, declino e trasformazione
Nel 1231 Federico II¹ vietò l’utilizzo della carta bambagina negli atti pubblici, ritenendola meno duratura della pergamena. Probabilmente questo fu dovuto al trattamento con colla di cereali, meno duraturo di quello futuro effettuato con la colla di coniglio² . Nonostante il mancato supporto dello Stupor mundi, la carta bambagina incontrò un crescente successo commerciale, dovuto proprio alla sua qualità, al facile accesso alle materie prime ed alla domanda sempre crescente. L’obbligo di trascrizione degli atti religiosi, avvenuto all’incirca nel XV secolo d.C., ebbe sicuramente un ruolo nell’incremento degli acquirenti. Al suo apice il successo degli opifici cartai portò, secondo fonti diverse, ad un massimo di 18 o addirittura 38³ punti produttivi.

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