Gli oceani stanno cambiando colore diventando sempre più scuri, e questo cambiamento racconta una storia di crisi climatica e impatto ambientale. Secondo un recente studio pubblicato su Nature a maggio 2025, circa il 21% della superficie oceanica si è scurita negli ultimi vent’anni. Non si tratta solo di un dato curioso: questo fenomeno indica che la luce solare fatica sempre più a penetrare nelle profondità marine, mettendo a rischio la vita che dipende da essa.
Perché gli oceani stanno diventando scuri
Il colore del mare non è mai stato un semplice riflesso del cielo. Dipende da quanto la luce riesce a penetrare e da ciò che incontra lungo il cammino, come plancton, sedimenti e altre particelle. Negli ultimi anni, il riscaldamento globale ha alterato questo equilibrio, con le acque che diventano sempre più calde e stratificate, impedendo il rimescolamento tra gli strati superficiali e quelli profondi. Questo significa che i nutrienti rimangono bloccati in profondità, modificando la disponibilità per le microalghe e le comunità di fitoplancton che vivono in superficie.
Anche le attività umane hanno un ruolo decisivo. Deforestazione, agricoltura intensiva e urbanizzazione riversano sedimenti e nutrienti nei fiumi che sfociano in mare, alimentando la crescita incontrollata di alcune alghe e aumentando la torbidità delle acque. Cambiano così le comunità di fitoplancton, alterando il colore dell’oceano e raccontando visivamente l’impatto dell’uomo sul pianeta.
Le conseguenze per la vita marina e per noi
Questi cambiamenti hanno un effetto diretto sulla cosiddetta “zona fotica”, lo strato di mare in cui la luce solare riesce a filtrare a sufficienza per permettere la fotosintesi. In alcune aree, questa zona si è ridotta anche di oltre 100 metri rispetto a vent’anni fa, con conseguenze drammatiche per il fitoplancton, che costituisce la base della catena alimentare marina.
Un oceano più scuro significa meno fotosintesi e meno ossigeno rilasciato in acqua, riducendo le risorse alimentari per pesci, mammiferi marini e uccelli. Ma significa anche che gli oceani assorbono meno anidride carbonica, perdendo parte della loro capacità di agire come alleati naturali contro il riscaldamento globale. Le ripercussioni non restano confinate in mare: la pesca, le comunità costiere e la stabilità climatica globale dipendono da questo fragile equilibrio.
Un segnale che non possiamo ignorare
Gli oceani assorbono circa un quarto dell’anidride carbonica emessa ogni anno dalle attività umane, regolando il clima e proteggendo la Terra da un surriscaldamento ancora più rapido. Se il mare diventa più scuro, la sua capacità di assorbire CO₂ si riduce, rendendo più difficile combattere l’effetto serra. Meno luce e meno vita in mare significano meno cibo, meno ossigeno e meno stabilità per tutti noi.
Questo fenomeno non è nuovo ma oggi più che mai, il colore degli oceani è un segnale che non possiamo ignorare. Per invertire questa tendenza serve un’azione globale: ridurre le emissioni di gas serra, proteggere le aree marine e costiere, limitare l’inquinamento dei fiumi e sostenere tecnologie e politiche per monitorare e difendere la biodiversità marina.
Un mare più scuro è un mare meno vivo. E un mare meno vivo significa un pianeta meno vivibile anche per noi. Se il colore degli oceani cambia, è segno che il pianeta sta cambiando. Sta a noi decidere se ascoltare questo segnale e agire prima che sia troppo tardi.

Elisabetta Rota vive a Ponticelli in provincia di Napoli e studia Comunicazione pubblica, sociale e politica alla Federico II. La sua passione per la scrittura e il rispetto per l’ambiente l’hanno portata a diventare socia dell’associazione Fondalicampania APS per la quale si occupa di attualità e territorio. Elisabetta è anche giornalista presso Magazine Informare e copywriter per FAMACS Agency.