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Global Food Waste: una sfida del nostro secolo

da Nadia Ovidio
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Global Food Waste

Il Global Food Waste si pone come una sfida del nostro secolo, e con questo si fa riferimento allo spreco di cibo a livello globale. È un tema trattato all’interno del dibattito scientifico, ma è anche all’attenzione della società civile. I dati visibili dagli studi compiuti sul Global Food Waste, segnalano una situazione preoccupante. Ciò richiede una profonda riflessione sulle scelte e sulle pratiche quotidiane di ognuno di noi.

I dati

Dalle ultime analisi sul Global Food Waste, condotte da Food Waste Index Report 2024 (che ha raccolto dati che si riferiscono all’anno 2022), sono emersi numeri abbastanza elevati. Infatti, lo spreco è di 1,05 miliardi di tonnellate di cibo. La maggior parte dello spreco avviene nelle famiglie, che contribuiscono per il 60% al Global Food Waste. Un 28% invece proviene dai servizi di ristorazione, e il restante 12% dal settore della vendita al dettaglio.

Sono dati allarmanti, soprattutto se si pensa che almeno la metà del cibo perso è commestibile, e che ci sono al mondo circa 733 milioni di persone che soffrono la fame (Rapporto SOFI 2024). Appare chiaro che si è ancora molto lontani dal raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. E questi sprechi alimentari non sono più consentiti, date le condizioni economiche, sociali e ambientali in cui viviamo. Inoltre, tutta questa perdita di cibo va ad aumentare la quantità dei rifiuti prodotti, contribuendo alla crisi del cambiamento climatico, alla perdita di biodiversità e natura, e all’inquinamento.

Impatto economico del Global Food Waste

Lo spreco alimentare non può essere considerato solo attraverso un punto di vista etico. Bisogna ridefinire gli elementi strutturali. Nel passaggio dalla coltivazione alle nostre tavole, il cibo sprecato basterebbe a sfamare un’intera nazione, e tutto ciò che va sprecato ha comunque un costo, che noi paghiamo.

Il consumatore, ad esempio, quando compra frutta e verdura, paga anche il cibo che verrà scartato, poiché il prezzo al kg viene stimato considerando anche i margini della quantità di cibo persa. Il prezzo del cibo, indirettamente, riflette lo spreco. Dunque, si rileva un danno ambientale e un danno economico.

Il cibo come merce

Il sistema economico dominante ci dice che “più si produce e più si sta meglio”. La verità è che poi si determina un eccesso di produzione, e una crisi da sovrapproduzione. E finiamo per buttare via il cibo prodotto e non consumato. Questo perverso meccanismo non riguarda solo il cibo, ma anche gli oggetti e i vestiti. Basti pensare ai modi di produzione propri del Fast Fashion.

Le potenze economiche che dominano il sistema della produzione di cibo nel mondo, non hanno eguali all’interno dell’economia globalizzata. Queste industrie, come vedremo, oltre a occupare enormi distese di terra con allevamenti intensivi e agricoltura industrializzata, producono inquinamento che impatta per il 18% sul cambiamento climatico. Un sistema volto alla sempre maggiore produzione di cibo, che come esito ha anche la crescente condizione di denutrizione e fame estrema.

Infatti, la sovraproduzione di cibo genera una situazione paradossale. Se da un lato si contano quasi un miliardo di persone obese, dall’altro il numero di persone malnutrite è pressocché – appunto – lo stesso. Quindi, in questo caso, proprio non si riesce a trovare un lato positivo dell’estensione di un modello di produzione capitalista a un bene primario come il cibo. Infatti, se i mezzi utilizzati per la produzione appaiono distruttivi, il fine sembra ancora più dannoso.

Impatto ambientale

Questo tipo di produzione non solo può favorire la lavorazione di cibi che sono dannosi per la nostra salute, ma genera anche un impatto ambientale disastroso per il nostro ecosistema. Secondo i dati FAO, le industrie zootecniche occupano circa il 30% della superficie terrestre. Un altro 30% è invece occupato da monocolture utili alla produzione di mangime. Questo settore, oltre a consumare circa il 70% dell’acqua disponibile sul nostro pianeta, è anche il principale responsabile del suo inquinamento (contaminandole con sostanze chimiche), e del fenomeno del Waste Water.

Una possibile soluzione

Una soluzione globale, che coinvolge l’intera filiera, potrebbe essere un intervento volto a una minore produzione, evitando la sovrapproduzione e i danni dello spreco. A fronte di tutto questo, tra le possibili soluzioni emergenti, vi è l’agroecologia, o agrologia. Questa scienza studia i modi di applicazione di un’agricoltura sostenibile. Si pone come una possibile risposta alla necessità di avere delle alternative di dieta sostenibile, sana, e si configura come un modo di produzione che cura il benessere dell’ambiente.

Siccome la maggiore percentuale di cibo sprecato è legata all’uso domestico, si evidenzia una necessità di attenzione e di conoscenza di tecniche di conservazione, nonché di scelta degli alimenti a lunga conservazione, come cereali, legumi, in alternativa alla carne e al pesce fresco.

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