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Il Trattato sull’Alto Mare: Il ruolo dell’Italia

da Davide De Stefano
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Alto Mare, 55 Paesi hanno ratificato il trattato tranne l’Italia. Servono 60 paesi in tutto per l’entrata in vigore. Si prevede di raggiungere il quorum nei prossimi mesi e di farlo entrare in vigore a gennaio del 2026.

Che cosa è il Trattato per l’alto mare

Il trattato è stato adottato nel 2023 dalle Nazioni Unite dopo oltre 15 anni di negoziati. Si tratta di un accordo legalmente vincolante volto a colmare il vuoto normativo sulla protezione degli ecosistemi marini in alto mare.

Queste aree, non soggette al controllo di alcuno Stato, sono spesso teatro di sfruttamento intensivo e scarsamente regolamentato: pesca industriale, traffico marittimo, inquinamento e, più recentemente, il crescente interesse per lestrazione mineraria in acque profonde.

Obiettivi

  • Creazione di nuove aree marine protette in alto mare, per limitare attività degenerative
  • Valutazione obbligatoria di impatto ambientale per le attività umane che potrebbero danneggiare il maare
  • Equo acesso alle risorse naturai che potrebbero costituire fonte di benessere per la collettività, (alghe medicinali, e altri animali o batteri che possono avere applicazioni farmaceutiche)
  • Proteggere il 30% degli oceani entro il 2030

Dove siamo oggi (giugno 2025)

Secondo le previsioni ONU e del presidente Francese Macron, il quorum potrebbe essere raggiunto entro la fine del 2025, quindi il trattato entrerebbe in vigore a inizio 2026

Il ruolo dell’Italia

L’Italia ha firmato ma ad oggi non ha ancora ratificato. Questo significa che, pur avendo mostrato iniziale adesione politica, il nostro Paese non ha ancora completato l’iter legislativo interno necessario per rendere vincolante il trattato.

Le associazioni ambientaliste esprimono preoccupazione per questo ritardo e sperano che presto si addivenga ad una soluzione in linea con l’agenda 30 X 30. L’Italia ha un ruolo fondamentale per la governance del Mediterraneo e la mancata adesione rischia di indebolire la nostra posizione nelle politiche oceaniche internazionali.

Difficile stabilire i motivi di questo ritardo, ratificare il trattato vuol dire limitare certe attività in alto mare, impone valutazioni di impatto ambientale, introduce il principio di equità nell’uso delle risorse marine.

E allora, magari, qualcuno teme che ratificarlo significhi perdere libertà d’azione, specialmente nei settori della pesca, dell’industria o della ricerca genetica marina?

Conclusioni

Se vogliamo proteggere il Pianeta abbiamo bisogno di ripartire dagli Oceani e anche se l’Alto Mare ci sembra un argomento lontano in realtà condiziona direttamente la nostra salute e prendersene cura sul dire ipotecare il nostro futuro.

Resteremo vigili in merito alla questione che speriamo possa risolversi positivamente il prima possibile.

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