Vivara è un luogo magico che racchiude millenni di storia, conservati gelosamente nei resti archeologici presenti sul suo territorio e, in quanto socia Fondalicampania Aps, trovo molto interessante poter raccontare la mia personale esperienza, avvenuta circa un anno fa sull’Isola di Vivara.
La prima volta che la vidi, mi trovavo sull’isola accanto: Ischia. Non capii subito cosa fosse, nessuno sembrava parlarne, eppure, mi incuriosì – sono sempre stata attratta da ciò che è sconosciuto.
Presi una decisione: l’avrei raggiunta ed esplorata.
Informandomi sulle modalità d’accesso, scoprii che era necessario prenotare una guida, trattandosi di una riserva naturale.
Zaino in spalla e scarpe comode: si comincia!
La storia
La nostra guida era a dir poco fantastica, era cresciuta su quell’isola ed aveva l’età giusta per custodire molti ricordi da raccontarci. Camminammo al sole, in una calda giornata di luglio, sul ponte che collega l’Isola di Procida all’isola di Vivara. Lo spettacolo era mozzafiato: ci trovammo letteralmente in mezzo al mare.
Giungemmo ad un cancello che divideva il ponte in due parti più o meno uguali e di cui soltanto la guida possedeva le chiavi. Appena lo superammo, si chiuse alle nostre spalle; a quel punto, non si poteva più tornare indietro. Eravamo pronti ad esplorare quella terra isolata dal mondo, sulla quale regnava la natura.
La salita si faceva sempre più ripida; procedevamo a passo deciso, impazienti di scoprirne tutti i segreti.
Era un luogo magico che sembrava trasportarci in una nuova dimensione, fatta di silenzio e suoni della natura. Si poteva percepire il battito d’ali delle numerose farfalle che la abitano e del canto degli uccelli.
Ascoltando le parole della nostra guida riuscimmo a tornare indietro nel tempo, fino all’epoca di Bronzo, quando l’isola era abitata dai Micenei. Essa rappresentava infatti un punto strategico per gli scambi commerciali tra l’alto Tirreno – ricco di affioramenti di minerali metallici, come il rame – e il Mediterraneo orientale.
Le successive testimonianze risalivano a ben duemila anni dopo. Nel 1681, il duca De Guevara fece costruire l’edificio noto come “Casino di Caccia Borbonico”. L’isola, infatti, divenne un luogo esclusivo e privato, dove il duca poteva dedicarsi al suo passatempo preferito: la caccia.
Per lo stesso fine, verso la metà del XVIII secolo, il re Carlo di Borbone vi fece trasportare fagiani, conigli e caprioli.
Negli anni ’50 del Novecento, l’isola divenne un luogo di lavoro per le donne procidane che si dedicavano all’agricoltura, alla vendemmia e al bucato. Vi abitavano stagionalmente e vi si recavano a piedi o in barca.
Infine, nel 2002, l’isola fu dichiarata Riserva Naturale Statale, per preservarne il valore naturalistico e archeologico.
Resti archeologici da non perdere
Sull’isola sono presenti numerosi resti archeologici di edifici costruiti nel tempo, alcuni esempi sono:
- Casa del Caporale: residenza dal caporale della guardia di Carlo III come residenza privata.
- Vaccheria e torre di avvistamento (detta ‘’pulpito’’): la prima era un fortino di caccia mentre la seconda costituiva sito di appostamento per la caccia delle tortore.
- Casa Padronale: casino di caccia, trasformato poi in azienda agricola, conserva maioliche e vasche del frantoio.
- Casa Colonica: sede fino al 1993 dell’associazione culturale ‘’Unione Trifoglio’’, che vi installò biblioteca, collezioni naturalistiche e sette acquari marini. L’edificio include un forno, una grande cucina con camino e un pozzo.
La culla della biodiversità
Grazie alla combinazione di isolamento e assenza di urbanizzazione, l’isola ospita specie endemiche e rarissime, rendendola una vero e proprio archivio di biodiversità.
La flora presente è tipica della macchia mediterranea, ma con alcune presenze rare: Silene di Nizza (Silene niceensis), Fiordaliso di Capraia (Centaurea cineraria), Finocchio di mare (Crithmum maritimum), Ginepro fenicio (Juniperus phoenicea) e Statice (Limonium spp.).
Vivara, inoltre, è riconosciuta come Sito di Importanza Comunitaria (SIC) e Zona di Protezione Speciale (ZPS) per l’avifauna migratoria. Dal 2010 è attiva, infatti, una stazione di inanellamento scientifico, che ha già registrato oltre 30.000 uccelli, contribuendo a studi internazionali sui flussi migratori.
Tra le specie più significative: Martin pescatore (Alcedo atthis), Falco pellegrino (Falco peregrinus), Assiolo (Otus scops) – un piccolo gufo e Upupa (Upupa epops).
Tra i rettili è importante ricordare una rara sottospecie: Lucertola azzurra (Podarcis sicula coerulea), dal tipico colore azzurro.
Sono presenti oltre 350 specie di artropodi, tra cui: la Ninfa del corbezzolo (Charaxes jasius), la più grande farfalla presente sull’isola e Peliococcus vivarensis, insetto descritto per la prima volta a Vivara.
Cosa c’è in cima?
Dopo tutti gli sforzi compiuti per arrivare fino al punto più alto dell’isola, cosa ci aspetta? Semplicemente una vista mozzafiato a 360° tra Procida, Ischia, il Vesuvio e le coste di Napoli e Pozzuoli. Non vi sono altri punti panoramici nel Golfo di Napoli dai quali si può scorgere una tale vista, pertanto, merita assolutamente una visita.
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Classe 1999, da sempre affascinata dal mare e dalle creature che lo abitano, nutre una profonda curiosità per gli angoli più nascosti della natura e un forte desiderio di raccontarli.
Attualmente studentessa di Scienze Biologiche – percorso Biomarino presso l’Università Federico II di Napoli. Affianca allo studio l’impegno come volontaria nell’associazione Fondalicampania Aps, dedicata alla tutela e valorizzazione del patrimonio marino.

