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Lo shark finning: quando le vittime sono gli squali.

da D. De Stefano
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Lo squalo. Il terrore di tutti i mari. Demonizzato, attaccato, incolpato ingiustamente…Tutti noi almeno una volta abbiamo nuotato a largo pensando: “E se arriva uno squalo?”. Gli squali fanno parte dei condroitti, insieme alle razze e alle chimere. Sono pesci cartilaginei, ciò significa che non possiedono ossa dermiche, ma il loro scheletro è formato appunto da cartilagine. Tralasciando le altre importanti differenze con i pesci ossei, oggi sono qui per spezzare una lancia a favore di questi animali.(Clicca Mi Piace, continua a leggere)

Insomma signori, l’aspetto effettivamente non è simpatico come quello di un delfino, ma non tutti gli squali sono pericolosi. Lo squalo balena, per esempio, il pesce più grande esistente al mondo (12-14 m di lunghezza per un peso medio di 18 tonnellate) è assolutamente inoffensivo per l’uomo: si nutre infatti di plancton, piccoli pesci, calamari e gamberetti. Stesso discorso vale per il secondo in classifica, cioè lo squalo elefante (9-10 m di lunghezza per un peso medio di circa 10 tonnellate). Questo squalo, molto comune anche nei nostri mari, è spesso vittima delle reti da posta, nelle quali rimane impigliato e non è difficile che le carcasse raggiungano le coste. “E lo squalo bianco?” direte voi. “E il mako?” Ok, ammetto che questi vengono classificati da noi biologi marini nella categoria “grandi predatori”. Ma non attaccano l’uomo perché se lo vogliono mangiare. Parola di lupetto. In realtà la carne umana non è tra le preferite degli squali. Semplicemente, notano qualcosa di commestibile e attaccano…per assaggiare. Spesso, infatti, i surfisti vengono scambiati per tartarughe o foche. Nella maggior parte dei casi la vittima viene poi rilasciata, proprio perché non valutata “appetibile”. Purtroppo, le persone che vengono attaccate, nella maggior parte muoiono per le ferite riportate, o per il sopraggiungere di infarto. É una pallida consolazione, lo so, ma è solo per farvi capire che gli squali non sono i mostri che crediamo. Noi invece, lo siamo. Siamo proprio crudeli. Ve l’ho dimostrato parlando degli acquari, delle stragi di Taiji e oggi ve lo dimostrerò parlandovi del finning.
Lo shark finning è una pratica illegale e crudele che consiste nel tagliare le pinne ad uno squalo ancora in vita, per poi rigettarlo in acqua. Lo squalo, non potendo nuotare, non riesce a far scorrere acqua nelle proprie branchie e l’ossigeno in questo modo non penetra nei tessuti .

E così, paradossalmente, il terrore di tutti i mari muore annegando. Nel suo elemento. Nella sua casa. In mare. Per darvi un’idea della crudeltà della cosa, provate a trattenere il respiro, finché potete. La sensazione che provate quando tornate a respirare è straordinaria, vero? Bene, ora immaginate di essere “costretti” a trattenere il respiro per un tempo molto più lungo. Sapete di aver a disposizione l’aria che vi salverebbe, ma non potete respirare. Il cuore accelera i battiti, le pupille si dilatano, la consapevolezza che state morendo si insinua nella vostra mente. Avete la salvezza ad un passo, e non potete raggiungerla. Ecco cosa prova uno squalo. La morte arriva come una liberazione, perché il dolore dovuto alla recisione delle pinne non è che una passeggiata confronto alla paura e alla tortura successiva. Tutto per una zuppa, un piatto tipico cinese considerato pure un lusso. Che in realtà, consumato in grandi quantità potrebbe causare anche la sterilità, per via del mercurio contenuto nei tessuti dello squalo. Ogni anno l’uomo cattura e uccide con questa pratica

circa 100 milioni di squali. Ogni anno muoiono in media 5 persone in seguito ad attacchi di squali. Ne muoiono di più per le zanzare, per gli attacchi di ippopotami, di cani e cavalli, per i serpenti e i ragni velenosi, per le meduse. Siete sicuri che siano proprio gli squali i predatori più feroci?

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